Autrice eclettica, Barbara Bertoncelli mi ha rapita con le sue “foto-poesie”.
Vive e lavora a S.Cesario, in provincia di Modena, sin da piccola palesa un interesse per le immagini, elementi naturali, così i filtri ottici impegnano i suoi giochi, oggi passione e proiezione di sè stessa a confronto col mondo.
Fotografa attenta al dettaglio, per esempio in “A Bergamo”, i protagonisti sono un uomo e una donna, l’incrocio delle loro gambe racconta la storia del loro incontro e l’utilizzo del bianco e nero ci spinge alla lettura dell’immagine come si potrebbe leggere un brano di un libro. Infatti la Bertoncelli arricchisce la sua opera con un magico testo, che entusiasma tramite un linguaggio semplice, ma intenso.
La vita e la natura si raccontano insieme, come in “Arlecchino”, “Ritratto di boa”, o “La scomparsa del quotidiano”. Nella prima i colori autunnali tipici delle foglie e sapientemente resi con lo scatto parlano dell’attesa, del cambiamento e della conferma. I versi che incorniciano “Ritratto di boa” cullano il lettore, come le onde “In mare” aperto, titolo della poesia. Un andirivieni di dubbi, esigenza di condivisione e tema del viaggio come scoperta di sé.
La fiamma protagonista nell’ultima foto è rigeneratrice, tinte calde fanno da testimoni alla passione ardente, che crea e distrugge, ma sempre volta a un rinnovamento.
Barbara Bertoncelli dinamizza la visione grazie alla raffinatezza dei fiori sino a catturarne l’essenza.
Nelle foto “Autoritratto”, “L’incontro” e “Profumo”, osservando il contrasto cromatico e il gioco luminoso, ella stuzzica un pensiero ambiguo. Le sfumature personificano le molteplici facce dell’essere umano, infatti la fragilità e la forza di una rosa creano bellezza, la stasi e l’azione creano il dramma… Esistenza.
Maria Grazia Londrino
A Bergamo
(a Max)
Un giorno d’agosto, divorato dal tempo veloce, l’episodio di una favola inventata da un incontro per caso attraversò la città alta. Oggi è un freddo dicembre lontano da allora e la memoria, solcando il lastricato di pietra della via, rivede, teneramente passando attraverso il cuore, le scene rimaste istintivamente vivide impresse. Ecco scorge, prima di cena, dietro una colonna dei portici, un uomo, a labbra chiuse e ferme, baciare una donna, che dopo pochi passi, travolta da una magia sensoriale del pensiero inciampò, tranciandolo, sul laccio del sandalo, che un attimo prima le avvolgeva alla schiava la caviglia. E costei, ridendo zitta tra sé e sé della propria goffaggine, raccolse il cordino relitto e continuò avanti come nulla le fosse capitato, fermandosi con il maschio, che in quel momento era suo, davanti a vetrine di marmi e di folletti. Poco dopo, sbirciando dentro da Bernabò, i due mangiarono un antipasto di salume, poi condivisero una pizza promessa, intrecciando, tra le chiacchere, i piedi sotto il tavolo. Di seguito, con l’intezione di andare a fare ciò che si erano detti intendendosi sotto il tavolo, mentre si dirigevano a recuperare il maggiolone nero, che faticava a tenere il minimo, l’uomo abbracciò la femmina infilandole, con la voglia di farlo, una mano dentro la scollatura della canottiera a stringere quel po’ che nascondeva. Lasciò Bergamo ciò che tra loro accadde poi.
Basta un dito appena infilato nella piaga a toccarmi il nocciolo della sensibilità.
Ferrovie di parole nella testa
Spugna assorbente di un palombaro
Ombre che attraversano ad occhi chiusi
Strati di Tropea fino al cuore bianco
A chi e cosa mi ispira
A chi mi sopporta
senza freni
inquieta slegata fuori controllo
insieme al contrario
dura rigida cemento
concretamente
per mantenere promesse coerenti
per guadagnare l’autorizzazione d’esistere.
Come le foglie fanno Arlecchino
d’autunno si cade si cambia
colori strategie rivoluzioni
e niente di fatto
in attesa di un bacio.
IN MARE
C’è un porto per fermarsi e partire, oppure una porta aperta che aiuta a fuggire.
C’è una caletta e l’ombra dei suoi arbusti per aspettare, che mezzogiorno soffi qualche ora avanti.
La calma fa il solletico a meditazioni sfuggenti.
C’è l’acqua compiacente all’abbandono di chi si fida a galleggiare ad occhi chiusi.
La pace è delle onde quasi piatte.
C’è la bellezza evanescente di pensieri brillanti che nascono e annegano subito.
L’unione sorge goccia dopo goccia dopo una lacrima in comunione con l’acqua.
Sottovoce si confonde il silenzio inesistente.
Sottovoce pregando Dio, l’istinto di un piccolo uomo tace nell’equilibrio dell’immenso
IL FUOCO
Leggi specifiche ambigue follie in parole aggregate da un senso compiuto per caso di un attimo svanito e fermato qui. È arte. Senso e dissenso perduti e trovati accovacciati nel tepore di fiamma che scalda, arde e s’infiamma in corpi appiccicati da istinto credente d’anime fuse in due. È fuoco. Divampa la danza che brucia, si muove, si gira, si ferma e riparte all’istante nell’aria che soffia sospiri d’occhi parlanti di vampate silenti dal cuore. È brace. Tinte di rosso, di giallo, di nero fumano di prima lo sfondo nascosto cambiato bruciato in calore impazzito di nuovo. È fumo. Inafferrabile incalza di forza in avanti gli amanti tremanti d’impulsi di pelle accaldata, sudata, bagnata. È rogo. Materia com’era che c’era è svanita in fusioni di passioni condivise visibili ancora in intime memorie tenaci di realtà esistite, estinte dal tempo che avanza vivendo rapinando energia di desideri d’amori consumati bruciati. È cenere.
Sotto sotto
credi
vedi
non vedi
non c’è
dov’è?
Un sigillo di promesse
svanito nella polvere
pizzica sulle mani
e sotto sotto
non si trova più.
Frantumando la ceralacca
hai corrotto il rosso
è sfumata la prospettiva
diafani o trasparenti
dissolti nell’illusione
rinnegano se stessi
perdendo il loro valore
esaurendo il loro colore.
Assomigliano al potere del tuono
che spaventa e tace
sembrano la canzone delle onde
che canticchiano nella conchiglia
ma il mare non c’è.
Sotto sotto
non c’è
e chiudo gli occhi
per vedere la luna gialla
che culla noi due tra le braccia.
Sordo fantasma di parole date
sotto sotto
il vero è un lento veleno.
L’incontro
Lontano da lontano
un incontro nel blu
specchio del tempo
si apre e si chiude
come la fisarmonica
e la musica che fa
sublimata in una dolce cadenza
liberata dall’eco dispettoso
del male vissuto.
E’ andato via lontano
sfugge all’orizzonte.
Sei negli occhi la carne
su cui ho tracciato i ricordi
punto a punto.
Sono solchi d’amore sincero
che nessuno approvava
che nessuno ci ruba.
Solamente nostro.
Petali
Innocente
tra i petali
sfuma via
colorandosi
la noia.
Scommetti
e non prometti
mentre il dubbio
tranciato dalla certezza
annusa spinoso
il profumo della lotta.
Ti specchi nel vento
che muove il mulino
e vuoi credere di essere
il granello della differenza
sopportando il vuoto
del frattempo
in attesa di risposte
che solcano il tuo destino.
Nulla genera da te
solo parole
come petali
figli
privi del respiro.
Sogno
scivolando l’occhio
sulla calza
un ritmo tribale
ricordando sul bongo
le tue mani
ruvide
incalzanti
istinti viscerali
danzanti
fare l’amore.
Fuori dal tempo
in quell’attimo
saturo del tutto
ti amo
solo respirando via
l’odore della tua pelle.
Correre e vincere
C’e una guerra arcaica
ora
da combattere insieme
tutti insieme
contro l’invisibile
rincorrendo il tempo
studiando il sorpasso
il prima possibile
per schierarsi davanti al nemico
veloci
per rallentarlo
per dominarlo
per salvare le generazioni.
Sono quattro!
Veloci!
Ognuno al suo posto
ognuno al suo compito
ognuno al suo ruolo
in riga veloci!
Pensare
ridere
soffrire
mentire
piangere
obbedire
resistere.
Coraggio!
Non c’è memoria vivente
cui attingere consolazione.
Veloci!
E lentamente
per ciascuno
le trappole dell’esperienza
impartiscono lezioni da incassare.
Lentamente.
Tuttavia
un filo di saggezza
sta nelle metafore
che nessuna rivoluzione muta.